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Mercenari in Libia, voci sempre più insistenti parlano del coinvolgimento israeliano

Aleggia lo spettro di un ex alto ufficiale israeliano dietro il reclutamento di migliaia di mercenari entrati in azione in Libia, conto gli insorti, al soldo del colonnello Gheddafi. La voce, raccolta per prima dalla tv qatariota Al Jazeera, riecheggia oggi anche su Maariv, uno dei più diffusi giornali di Tel Aviv, che ne scrive in forma dubitativa («Leggenda o verità?»), ma con dovizia di dettagli. E senza trascurare il sospetto che l’ipotetica operazione sia avvenuta addirittura con il placet del governo e dei vertici della sicurezza dello Stato ebraico: disposti a far dare una mano anche al detestato rais per timore d’un contagio islamico-fondamentalista a Tripoli, sull’onda della rivolta.

Il racconto è di quelli romanzeschi, da spy-story d’annata. In Israele, per ora, non trova riscontri e neppure pezze d’appoggio concrete. Ma Al Jazeera ne attribuisce la paternità direttamente a un reporter di Yedioth Ahronoth, il tabloid a maggior tiratura dell’intero panorama editoriale israeliano. E se questa testata per ora ne tace, non altrettanto fa Maariv: sottolineando a più riprese la mancanza di conferme in patria, senza peraltro dar conto nemmeno di smentite.

La presunta rivelazione fa riferimento a un generale della riserva – che Maariv non cita, ma che sembra avere il profilo di un ufficiale di rango assai elevato, già comandante delle forze israeliane in Cisgiordania – indicato quale terminale dell’asserita macchinazione. Un veterano impegnato ora nell’addestramento di militari e miliziani in Africa – attraverso un’accreditata società di “sicurezza privata” – al quale sarebbe stato commissionato niente meno che l’invio nell’inferno libico di 50.000 soldati di ventura: raccolti, forse insieme con altri appaltatori, in diversi angoli del continente nero (Kenya, Ciad, Nigeria, Mali, Senegal, Darfur) ed equipaggiati “ecumenicamente” con armi di fabbricazione americana, russa, britannica e israeliana.

La cifra pattuita, per il finanziamento dell’affare e il pagamento delle astronomiche commissioni, sarebbe stato di cinque miliardi di dollari. Nella narrazione ripresa da Maariv si ipotizza che, a titolo di garanzia e saldo, il regime libico possa aver promesso ai fornitori lo sfruttamento prossimo venturo di alcuni giacimenti di petrolio e gas nella Cirenaica, una volta che questa regione fosse stata “liberata” dagli insorti. E probabilmente anche una base logistica per eventuali incursioni militari future in imprecisati «Paesi vicini».

A dar retta ad Al Jazeera – e alla fantomatica gola profonda che il network chiama in causa – il soccorso al regime di Gheddafi sarebbe stato autorizzato il 18 febbraio durante una riunione top secret a cui avrebbero preso parte il premier israeliano Benyamin Netanyahu, il ministro della Difesa Ehud Barak, quello degli Esteri Avigdor Lieberman e il capo dell’intelligence militare Aviv Cochavi: tutti profondamente inquieti per gli sbocchi della rivolta libica e il timore di un potenziale coinvolgimento di gruppi islamici visceralmente anti-sionisti come la Fratellanza Musulmana.

Di qui il via libera definitivo all’ex generale, incaricato di procedere e concordare i particolari del piano con il capo dei servizi segreti libici, Abdallah Senussi, in un incontro che si sarebbe svolto in effetti pochi giorni più tardi nel territorio del Ciad. Un romanzo, appunto. Ma foriero di imbarazzi colossali, se confermato anche soltanto in minima parte. (Alessandro Logroscino / Ansa)

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Al Jazeera: c’è Israele dietro ai mercenari usati da Gheddafi

La questione libica si fa sempre più delicata. Soprattutto dopo che una società di sicurezza israeliana, pare con l’approvazione del governo di Tel Aviv, viene ritenuta responsabile dell’invio di gruppi di mercenari centrafricani in Libia per combattere i rivoltosi che da due settimane chiedono la caduta del regime di Gheddafi.

La notizia, lanciata dal sito di Al Jazeera, si basa su una fonte israeliana “qualificata”, un giornalista del quotidiano israeliano “Yediot Ahronoth” che ha confermato le voci che da giorni circolano tra le diplomazie occidentali: «Israele sta guardando alla Libia da un punto di vista di sicurezza e strategico».

La Global Cst sarebbe al centro dello scandalo libico-israeliano. La società di sicurezza avrebbe rifornito il raìs di mercenari centrafricani da usare contro l'opposizione

La caduta di Gheddafi, secondo fonti di sicurezza israeliane, «aprirebbe la porta a un regime islamico in Libia». In una riunione dello scorso 18 Febbraio, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il ministro della Difesa Ehud Barak e quello degli Esteri Avigdor Liberman, avevano deciso, secondo il giornalista, di «assoldare mercenari africani per combattere al fianco di Gheddafi».

«Nella riunione è stato deciso anche di incaricare il generale Israel Zef, direttore della società di consultazione di sicurezza “Global CST” di Petah Tikva – attiva in molti paesi africani –, di mettere un gruppo di mercenari semi militare provenienti dalla Guinea, Nigeria, Africa Centrale, Mali, Senegal, Darfur e sud Sudan a disposizione di Abdullah Assinousi, uno dei responsabili dell’intelligence libica».

Leonard Berberi

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Parla l’autore del remix di Gheddafi: “E ora ‘Bunga Bunga’, il rap su Berlusconi”

Noy Alooshe

Lui non ha fatto altro che prendere il discorso alla nazione di Gheddafi, metterci un po’ di musica da discoteca, ritmare un minimo le invettive del Colonnello (“Li staneremo come ratti! Porta a porta! Casa per casa!”) e inserire donne poco vestite (anche se a ben vedere la donna è una sola). Il tempo di mettere quel montaggio su YouTube ed ecco che, nel giro di pochi giorni, più di un milione di persone l’ha visto, l’ha commentato, cliccato, diffuso. (segue sul sito del “Sole 24 Ore”)

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