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“Netanyahu vuole legalizzare tutte le colonie in territorio palestinese”

Benjamin Netanyahu, primo ministro d'Israele e leader del partito "Likud"

C’è chi dice che lo stia facendo per questioni puramente politiche. O meglio: per avere il loro appoggio alle primarie di partito, il Likud, martedì (oggi per chi legge). Ma c’è anche chi dice che l’uomo sia ormai stufo di inseguire i palestinesi ai tavoli della pace e che voglia metterci una pietra sopra. E che pietra!

Ecco, dicono queste voci (che puntualmente escono dalle stanze di governo) che il premier israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe dato l’incarico a un giudice di costituire un gruppo che studi il modo di legalizzare – sì, legalizzare – in modo retroattivo tutte le colonie in territorio palestinese costruite su terreni privati.

Il giudice avrebbe anche un nome: Edmond Levy. Toccherebbe a lui il compito – storico, politico, diplomatico – di preparare un rapporto con tutti gli strumenti giuridici che si potrebbero utilizzare in ogni sede, nazionale ed estera, per riconoscere in modo ufficiale tutti quegli insediamenti che la legislazione israeliana considera illegali, così come stabilito dalle leggi internazionali che classificano come illegali tutte quelle sorte nei territori occupati.

L’indiscrezione è stata smentita con sdegno dall’ufficio del primo ministro. Ma se fosse vera chiuderebbe in modo definitivo una finestra di dialogo con i palestinesi

© L.B.

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cinema

Israele e Iran alla sfida degli Oscar

Mentre i vertici politici e militari decidono cosa fare, la sfida tra Israele e Iran per ora è al cinema. Alla notte degli Oscar, per la precisione. Dove, nella nomination per la statuetta per il miglior film straniero, concorrono due pellicole particolari: una dello Stato ebraico (“Footnote”), l’altra di quello Islamico (“A separation”). Film, e qui sta la cosa divertente, entrambi in pole position. Entrambi hanno già vinto qualcosa. Il primo a Cannes (premio per la miglio sceneggiatura). Il secondo ai Golden Globes (miglior film straniero).

“A separation” – per chi non l’avesse visto – racconta la storia di una coppia iraniana di fronte al dilemma di lasciare il Paese per offrire al loro figlio una vita migliore oppure restare per accudire un genitore che ha gravi problemi fisici.

“Footnote”, dell’israeliano Joseph Cedar (lo stesso di “Beaufort”) è, invece, la storia di una grande rivalità fra padre e figlio, entrambi studiosi del Talmud in una prestigiosa università. A maggio ha vinto al Festival di Cannes (intendi: più vicino ai palati cinefili europei) il premio per la miglior sceneggiatura.

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Se la marijuana abbatte il muro dell’odio tra coloni e palestinesi

Mettete un po’ di stupefacenti ai negoziati di Pace. Magari serve a qualcosa. Anche perché hai voglia a star lì a sederti, a disquisire, a discutere, a tracciare linee su una mappa che è cambiata ogni anno e che varia – di centimetro in centimetro – ogni ora. La soluzione al conflitto pare sia la droga. Almeno a leggere certi bollettini della polizia.

Scrivono, i «mattinali», che tra i pusher palestinesi e quelli israeliani il muro – fisico e politico – non c’è. Del resto, quando si tratta di fare affari, anche il gatto e il topo s’accordano, s’intendono, mettono da parte le divergenze. Ecco, dice la polizia israeliana di aver scoperto alcuni dei giovani coloni degli insediamenti-bunker di Itzhar, Itamar e Har Bracha, roccaforti in Cisgiordania delle frange estreme del movimento nazionalista-religioso ebraico.

Giovani che – è bene precisarlo – non perdono giorno e occasione per scontrarsi con i vicini-nemici arabi. Ma che, quando si tratta di sballarsi un pochino e di provare il brivido del proibito, non esitano a mettersi in contatto con gli stessi dirimpettai palestinesi per comprare  un po’ d’«erba». Qualche volta si avventurano in piena Cisgiordania, anche in villaggi come Hawara, sempre più campi di battaglia dove si scontrano le diverse ideologie religiose.

Le indagini sono soltanto all’inizio. Ma il sospetto della polizia è che la barriera dell’odio ideologico (ed etnico) vada letteralmente in fumo quando si stratta delle sostanze stupefacenti.

© Leonard Berberi

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