Il rabbino Itamar Tubul, 35 anni (foto Jta)
Itamar Tubul è un signore di 35 anni, alto, magro, con la voce bassa e monocorde. Si porta sempre gli occhiali da vista, veste sempre elegante ed è praticamente sconosciuto. Se non fosse per un piccolo particolare: è il rabbino, l’unico per ora, che decide chi si può sposare in Israele con rito religioso e chi no. Siano essi residenti nello Stato ebraico o no.
Itamar di fatto è il responsabile dell’ufficio anagrafe del Gran Rabbinato. Tutte le richieste di matrimonio passano sulla sua scrivania. Lui ha potere di vita o morte sulle coppie che vogliono giurare amore eterno davanti a un rabbino. Un ruolo di grande responsabilità che ultimamente dagli Usa vorrebbero in qualche modo attenuare.
Ma prima facciamo un passo indietro. Per sposarsi con rito religioso tutti devono provare di avere forti legami con l’Ebraismo. Questo è facile per chi vive in Israele. Un po’ meno per chi è nato e ha sempre vissuto fuori: negli Usa, soprattutto, ma anche in Francia, in Spagna, in Italia. Questi ultimi devono farsi rilasciare un documento dall’autorità religiosa locale che certifica l’«ebraicità» delle persone o fare una copia dell’atto di matrimonio dei genitori in cui si attesta che è stato celebrato con rito religioso. Il documento, poi, deve essere spedito a Gerusalemme per essere convalidato da un sol uomo, Itamar Tubul, appunto.
Se il rabbino-funzionario non dà il via libera il matrimonio, in Terra Santa, non si può fare. «Ma in questo modo dipende tutto dal capriccio di una sola persona, che sarà pur brava, ma che lavora in condizioni di potere assoluto», ha polemizzato attraverso la Jewish Telegraphic Agency il rabbino Seth Farber. Farber è anche il fondatore di Itim, organizzazione israeliana che si occupa di aiutare le coppie di fidanzati a compilare i fogli da inviare al Gran Rabbinato d’Israele.
Scene da un matrimonio celebrato con rito religioso ebraico
Da alcune settimane il ruolo di Itamar Tubul è messo fortemente in discussione. Soprattutto dopo aver scatenato un incidente diplomatico tra l’autorità religiosa americana e quella centrale. Lo scorso ottobre Tubul ha respinto il documento di un rabbino statunitense in cui si attestava l’«ebraicità» della coppia che si voleva sposare. «Ma come si permette questo signore di mettere in discussione la mia credibilità?», ha sbottato Avi Weiss, un famoso rabbino ultraortodosso liberale della comunità di New York che s’è trovato il suo documento smentito da Tubul. «Sono anni che scrivo questi documenti e mai nessuno s’è mai sognato di dire che quello che avevo scritto non era vero».
Tubul non si è scomposto. Ha spiegato che il suo lavoro di verifica si basa su «una rete di contatti personali» nel Paese di riferimento. «Appena ricevo la lettera che attesta il legame con l’Ebraismo della coppia ne discuto con i giudici-rabbini nominati in quella zona dall’autorità centrale: se nessuno di loro conosce il religioso che ha scritto il documento o hanno dubbi sull’autore, allora io mi rivolgo ai colleghi locali. Dopo aver sentito quello che sanno e quello che hanno da dire – ma senza basarmi mai una sola persona – decido se accettare o rigettare. Dopo un lungo giro di consultazioni sono arrivato alla conclusione che è il rabbino Avi Weiss ad avere un problema: non mi sembra sia un seguace fedele della tradizione ebraica».
Il rabbino di New York a quel punto s’è preso un avvocato. E lo scorso gennaio ha ricevuto una lettera in cui il Gran Rabbinato smentisce Tubul e dà l’ok a Weiss. Che, sorridendo, ha spiegato: «Finalmente è stata cancellata un’ingiustizia». E vissero tutti felici e contenti. Forse.
© Leonard Berberi