attualità

La preoccupazione di Gerusalemme sul boom di Grillo: “E’ anti-israeliano”

«È proprio un brutto voto». Abbottonati e iper-diplomatici a Roma e Milano. Decisamente preoccupati a Gerusalemme. L’esito elettorale in Italia non è piaciuto allo Stato ebraico d’Israele. Per ora la diplomazia dello stato mediorientale resta a guardare. Coinvolta com’è anche in un lungo iter per la formazione del governo che ancora non c’è. Ma più di qualcuno, contattato da Falafel Cafè, non nasconde la propria preoccupazione per «l’ascesa inattesa e pericolosa» del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo.

C’è anche chi, senza tanti giri di parole, si dice «sconcertato». Più per «l’incapacità dei grandi partiti, Pd e Pdl, di capire cosa stava succedendo», a dire il vero, che per «la volontà del popolo italiano». Sconcerto che, di fronte alla posizione del comico genovese sulla questione israelo-palestinese, si trasforma in preoccupazione. Per ora ufficiosa. «Un domani, però, se Grillo dovesse andare al governo e se non dovesse cambiare le sue idee su di noi, i rapporti con Roma potrebbero cambiare».

Intendiamoci. «Noi siamo contenti di com’è andato il voto», precisano da Gerusalemme. «Non ci sono stati incidenti, è filato tutto liscio». Però. «Però non possiamo non prendere atto del fatto che al Parlamento, c’è una terza forza – la più vasta su scala nazionale – che porterà dentro il tempio della democrazia italiana idee che ci sembrano anti-israeliane e un filino anti-semite». Beppe Grillo, a Gerusalemme, non è gradito. «Da mesi monitoriamo il suo sito», spiega un funzionario. «E il tenore dei commenti c’entra poco con la dialettica e il rispetto di chi la pensa in un modo diverso».

Il comico genovese Beppe Grillo, leader del Movimento 5 Stelle

Il comico genovese Beppe Grillo, leader del Movimento 5 Stelle

Non c’è solo l’arena virtuale del comico a preoccupare. Ci sono anche le parole espresse negli ultimi tempi. Le sue posizioni nei confronti dell’Iran. Della Siria. Il ruolo che, secondo Grillo, svolge Israele nell’area. Per questo non è passata per nulla inosservata l’intervista al corrispondente da Roma, Menachem Gantz, dello scorso giugno, sulle pagine dello Yedioth Ahronoth, il quotidiano più venduto dello Stato ebraico. La situazione in Siria? «Ci sono cose che non possiamo comprendere, non sappiamo se sia una vera guerra civile o si tratta di agenti infiltrati nel Paese», ha risposto il leader del Movimento 5 Stelle.

E dell’Iran – paese dal quale arriva la moglie Parvin Tadjik – cosa pensa il guru della Rete? «Un giorno ho visto impiccare una persona, su una piazza di Isfahan, e mi son chiesto: cos’è questa barbarie? Ma poi ho pensato agli Usa: anche loro hanno la pena di morte, hanno messo uno a dieta, prima d’ucciderlo, perché la testa non si staccasse. E allora: che cos’è più barbaro?». «Grillo è un leader decisamente confuso e pieno di pregiudizi», continua il funzionario. «Non vorrei che le sue idee sul Medio oriente fossero influenzate dalla famiglia della moglie. E speriamo non si vada ad altre elezioni, perché è molto probabile che il partito del comico prenda ancora più voti».

Anche se ovviamente non pubblico, un ordine di preferenza – per Gerusalemme – c’era eccome. La vittoria più gradita era quella del Popolo della libertà, poi la formazione civica di Monti. Soltanto al terzo posto il Partito democratico («ma soltanto per la sua alleanza con il partito di Vendola, da sempre filo-palestinese»). Più o meno lo stesso ordine dell’esito elettorale dei 2.214 italiani che hanno votato in Israele nelle circoscrizione estera: il Pdl ha stravinto con il 55,96%, poi il Pd (21,24%), quindi Monti (19,03%) e ultimo il Movimento 5 Stelle (3,75%).

© Leonard Berberi

Standard
attualità

E nell’affaire sul “detenuto X” spunta la missione top secret del Mossad in Italia

Avrebbe raccontato quel che non doveva. Avrebbe spifferato metodi e nomi del Mossad all’Asio, l’intelligence australiana. Avrebbe anticipato – nel dettaglio – le mosse di un’intera operazione segreta che di lì a poco sarebbe stata effettuata in Italia. Qui, da noi. Sotto la luce del sole. Per la cronaca: fino ad oggi non s’è ancora capito se, poi, quell’operazione – tra il 2008 e il 2010 – ha mai avuto luogo.

Tutto questo avrebbe rappresentato l’inizio della fine per Ben Zygier. L’agente del Mossad – meglio noto al mondo come «detenuto X» – che si è impiccato il 15 dicembre 2010, a 34 anni con una moglie e due figli piccolissimi, nella cella di massima sicurezza del super-carcere Ayalon, nello Stato ebraico, avrebbe quindi raccontato quel che non doveva.

È ancora una volta l’Abc, la tv australiana a chiarire i contorni di un giallo internazionale. Una vicenda che si allarga giorno dopo giorno. Chiama in causa, per la prima volta, un Paese dell’Unione europea. E, alla fine, costringe a porre alcune domande anche ai nostri servizi segreti.

Ben Zygier, israelo-australiano, agente del Mossad, morto suicida in una cella di massima sicurezza nello Stato ebraico

Ben Zygier, l’israelo-australiano agente del Mossad, morto suicida in una cella di massima sicurezza nello Stato ebraico il 15 dicembre 2010

Ben Zygier, dicevamo. Secondo l’Abc sarebbe stato per molto tempo in Italia prima del 2010. Qui da noi si sarebbe presentato con un visto di lavoro regolare, con il nome Ben, ma tre cognomi diversi: Alon, Allen, Burrowes. Qui da noi avrebbe venduto attrezzatura elettronica a un bel po’ di Stati islamici. Incluso l’Iran. Movimenti e compagnie che avrebbero attirato l’attenzione dell’Asio, l’intelligence dell’isola dell’Oceania, e che avrebbero portato gli 007 di Canberra a fermare Zygier mentre faceva andata e ritorno da Tel Aviv a Melbourne, mentre studiava alla Monash University (per un master in Business administration) dove, tra le altre cose, cercava contatti tra gli studenti dei Paesi islamici.

Una volta tornato in Israele, Zygier sarebbe stato prelevato subito dai suoi colleghi del Mossad. Gli 007 dello Stato ebraico avrebbero raccolto informazioni su una presunta collaborazione del «detenuto X» con l’Asio. Collaborazione che avrebbe spinto l’agente segreto a spifferare «metodi e soprattutto i passaggi più delicati di un’operazione in Italia che ha richiesto molti anni di preparazione», spiega l’Abc.

«Non c’è dubbio che l’Asio ha seguito da molto, troppo vicino Zygier», ha spiegato al quotidiano The Australian un esponente del governo israeliano. E mentre da entrambi i poli di questa storia viene avviata un’indagine per capire cos’è davvero successo nell’affaire del «detenuto X», ora si riprendono in mano i faldoni dell’operazione contro Mahmoud Mabhouh, un alto esponente di Hamas ucciso in un hotel a Dubai il 19 gennaio 2010 per mano israeliana. Gli 007 dello Stato ebraico coinvolti nella missione andavano in giro con nomi e passaporti anche australiani. Tanto da spingere Canberra, una volta scoperto tutto, a espellere un alto diplomatico israeliano.

© Leonard Berberi

Standard
attualità

Tel Aviv, coppia gay nel cartoon del Comune. L’attacco degli ultrareligiosi: è un abominio

I due protagonisti gay all'interno del video promozionale del comune di Tel Aviv

I due protagonisti gay all’interno del video promozionale del comune di Tel Aviv

La scena dura pochissimi secondi in un video di quasi due minuti. Ci sono un lui e un altro lui che scendono da un pullmino. Si guardano. Si tengono per mano. Poi camminano. È soltanto una delle tante situazioni della vita a Tel Aviv – la città gay-friendly per eccellenza – in un filmato che vuole presentare il nuovo sistema di mappatura della città.

Due uomini – anzi, due cartoni animati – omosessuali come immagine della città più grande d’Israele? Apriti cielo. Quelli di Shas, il partito ultrareligioso, hanno tirato su un putiferio. E chiesto di rimuovere quella scena che – parole loro – «è abominevole».

Il più polemico di tutti – come racconta il sito Ynet – è stato Benny Babayof. L’esponente della formazione haredi ha inviato una piccata lettera a Ron Huldai, sindaco di Tel Aviv, in cui contesta la coppia omosex nel filmato che da giorni gira sui siti e sui social network. «Sono rimasto allibito quando ho visto nel video i personaggi “Dan e Danny” mentre si tengono per mano, si abbracciano e si accarezzano», scrive Babayof. «La coppia maschile con quell’orientamento sessuale è inadeguata e non dovrebbe essere rappresentativa della città di Tel Aviv-Jaffa. Il Comune deve promuovere i valori della famiglia scritti nella Torah e non messaggi abominevoli. Per questo vi chiedo di rimuovere il video immediatamente».

«Lo so che sono in minoranza, c’è molta gente in città che è contrario alle mie opinioni», ha ammesso Babayof a Ynet. «Ma sono le stesse persone che vogliono trasformare Tel Aviv in una città per gay. Cosa priva di fondamento». «La nostra città è e sarà sempre la casa per la comunità omosessuale, nonostante gli sforzi delle forze oscure rappresentate da Babayof», gli ha replicato Yaniv Weizman, consigliere del sindaco per le questioni Lgbt. Che ha poi concluso: «Assicuro a ogni ragazzo, a ogni ragazza, a ogni abitante di questa città che le dichiarazioni di questi consiglieri non rappresentano lo spirito di Tel Aviv»

La questione dei gay e del rispetto dei loro diritti a Tel Aviv è materia molto sensibile. Soltanto tre anni e mezzo fa, un estremista di destra fece irruzione nella sede di Agudah – l’associazione israeliana per i diritti Lgbt – sparando all’impazzata uccidendo tre giovani e ferendone altri dieci.

© Leonard Berberi

Standard