politica

Fenomenologia di Avigdor Lieberman / Part 1

Bibi, abbiamo un problema. Non uno piccolo, ma grosso così, quanto un ministero. Il fatto è che l’uomo in questione se n’era rimasto zitto per alcuni giorni. E, in questo tempo, la diplomazia israeliana aveva potuto respirare. Poi è successo che la Mavi Marmara, la nave della flottiglia su Gaza, è tornata in Turchia e lui, Avigdor Lieberman, ministro degli Esteri e leader del terzo partito più forte d’Israele (Israel Beitenu), ecco Lieberman ha ripreso a tuonare.

«Non chiederemo mai scusa alla Turchia per il blitz del 31 maggio», ha urlato ai cronisti. Annullando, in questo modo, mesi di diplomazia (segreta) sull’asse Gerusalemme-Ankara e mettendo in imbarazzo il premier Netanyahu. Così in imbarazzo che in meno di 24 ore Bibi ha smentito Lieberman (un suo ministro), ha detto che chi parla al di fuori di lui lo fa a titolo strettamente personale, ma poi ha ufficializzato la posizione del governo ebraico sulla questione: «Niente scuse alla Turchia». Proprio quello che aveva dichiarato il ministro degli Esteri.

Il fatto è che le cancellerie di mezzo mondo non ne possono più di Avigdor Lieberman, sbeffeggiato con l’appellativo «Yvette». E non ne possono più nemmeno i suoi funzionari sparsi nelle cancellerie del pianeta. Un po’ perché l’uomo – a detta degli esperti – sa poco o nulla di diplomazia. Un po’ perché – sempre a detta degli esperti – l’uomo/politico/ministro non ha capito che ora è al governo e che qualsiasi cosa faccia o dica coinvolge la linea dell’intero esecutivo israeliano.

Un ebreo ultraortodosso guarda il poster elettorale con la faccia di Avigdor Lieberman (foto Afp / Getty Images)

«Quando Lieberman tuona contro le presunte bugie dei turchi», ha scritto Akiva Eldar in un commento su Haaretz, «i turchi farebbero meglio a prepararsi i rifugi». Perché, scrive ancora Eldar, «Lieberman, nella sua politica estera, sta attuando la filosofia dell’“occhio per occhio”». Una filosofia che «ha portato con sé sin da quando faceva il buttafuori in un bar».

Il giornale ricorda il precedente giudiziario di Lieberman. Nel 2001, il ministro era accusato dalla Corte di Gerusalemme di aver picchiato e ferito due ragazzini di 14 e 15 anni che avevano pestato suo figlio. Lieberman, per evitare la galera, ha patteggiato la pena ed è stato condannato a pagare una multa di 1.500 euro, più 2.000 a titolo di risarcimento danni nei confronti dei due minori picchiati. Il giudice, poi, aveva anche invitato Lieberman a stare alla larga dai comportamenti violenti per almeno due anni. Altrimenti, per lui, si sarebbero aperte le porte del carcere.

Nella sentenza, i giudici hanno dato anche un consiglio all’imputato, ricorrendo alle massime della Bibbia ebraica: «Cercate di non essere precipitosi nel raggiungere lo stato di rabbia, perché questa risiede in seno agli stolti», c’è scritto. «Il nostro ministro degli Esteri», ha commentato Akiva Eldar, «evidentemente non ha tenuto conto di quel suggerimento». Tant’è vero che i colleghi europei cercano di stare alla larga dalla «grande bocca di Lieberman» e tentano mediazioni con altri interlocutori. (fine prima parte, domani la seconda e ultima puntata)

Leonard Berberi

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2 risposte a "Fenomenologia di Avigdor Lieberman / Part 1"

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