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La Siria e quel “patto col diavolo” con l’Iran: ecco il documento

Il «patto col diavolo» sarebbe stato firmato lo scorso dicembre. È un documento-bomba. Lungo nove pagine, fitte fitte, scritte in arabo e con tanto di tabelle e cifre dettagliate. A siglarlo a Damasco, nel bel mezzo della rivolta civile per ora repressa nel sangue, la Siria del presidente Assad e i più alti funzionari iraniani. Il «patto col diavolo» è stato reso pubblico dal gruppo di hacker Anonymous – gli stessi che hanno mostrato il “carteggio” di mail tra il regime siriano e lo staff della tv americana Abc – e ha già messo in allarme l’intelligence israeliana e americana. Il perché è molto semplice: l’accordo Siria-Iran è un impegno, da parte di entrambi i Paesi, ad aiutarsi a vicenda: Teheran dà una mano a Assad nella repressione delle richieste di maggiore democrazia nel Paese, Damasco si impegna a mettersi a fianco alla Repubblica islamica quando ce ne sarà bisogno.

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È lo scenario che gl’israeliani più temono. La possibilità di essere attaccati da nord (dagli Hezbollah in Libano e dal regime siriano) e da sud (da Hamas a Gaza e da gruppi paramilitari egiziani) nel bel mezzo di una guerra con l’Iran. Un dispiegamento di forze che Gerusalemme – per stessa ammissione dei vertici militare israeliani – non sarebbe in grado di reggere. Uno scenario che avrebbe prodotto già due effetti: l’utilizzo più intensivo degli agenti del Mossad presenti in Iran da alcuni mesi e la possibilità di distruggere – nel modo meno spettacolare possibile – il deposito di armi nucleari più pericoloso nella Repubblica Islamica: quello di Fardu (di cui abbiamo parlato ieri), nei pressi di Qom.

Il carteggio che allarma le cancellerie di mezzo mondo arriva direttamente dalla casella di posta di Mansour Azzam, il ministro per gli Affari presidenziali, il braccio destro del dittatore Assad. Nel documento d’intesa tra Siria e Iran – titolato «Memorandum sulla visita della delegazione iraniana in Siria» – si viene a sapere che il regime di Teheran stanzia almeno 1 miliardo di dollari di aiuti a Damasco. Soldi in grado di attenuare gli effetti dell’embargo imposto dall’Occidente (sul petrolio, sui voli e sulle transazioni finanziarie) alla Siria.

Nell’incontro tra i vertici dei due Paesi – avvenuto alle ore 13 di giovedì 8 dicembre 2011 – ci sono, da un lato, 10 consiglieri «anziani» del presidente Ahmadinejad, rappresentanti della Banca centrale iraniana, di alcuni ministeri e «specialisti in questioni commerciali, industriali, bancari, edilizi e d’ingegneria». C’è anche Ahmed Waheed, il ministro della Difesa. Dall’altra parte del tavolo si trovano il premier siriano Adel Safar, il numero uno della Banca centrale del Paese e i ministri delle Finanze, del Commercio e del Petrolio.

Le prime due pagine del documento di accordo tra Siria e Iran

La Repubblica islamica si impegna ad aiutare il regime di Damasco non solo economicamente, ma anche acquistando dal mercato siriano beni di prima necessità come il grano, la frutta, l’olio di oliva, la carne rossa («di pecora», per almeno 10mila tonnellate), il pollame (altre 10mila tonnellate), le uova, la verdura e gli agrumi. In cambio, gl’iraniani si impegnano a portare in Siria fertilizzanti, prodotti chimici e materie prime per l’industria petrolchimica. Nel dettaglio: 100 mila tonnellate di nitrato di ammonio e 25 mila tonnellate di solfato di potassio. Un capitolo, questo, che preoccupa gl’israeliani, se è vero che molte delle bombe fabbricate attorno a Israele contenevano un’alta percentuale di fertilizzante arrivato dall’Iran.

Nel documento d’intesa, due sono i blocchi di accordo: quello che riguarda le «questioni urgenti (a breve termine)» e quello alle «questioni relative alla cooperazione (a lungo termine)». Rientrano, nel primo gruppo, per esempio, i beni alimentari che dovranno essere esportati verso l’Iran. Nel secondo blocco, invece, rientrano i piani «per lo sviluppo industriale, delle infrastrutture, del settore elettrico ed energetico, in particolare la creazione di centrali elettriche e delle raffinerie». Si accenna anche alla costruzione di migliaia di abitazioni «civili», senza scendere più di tanto nel dettaglio.

C’è anche un accordo che viene confermato per la prima volta: la costruzione di condutture di gas sull’asse Iran-Iraq-Siria e che arriva dritta al Mediterraneo. Non solo. Tra gli accordi con Baghdad, emerge anche la creazione di una vera e propria autostrada per il trasporto su gomma delle merci dall’Iran verso Damasco e la nascita di «uno spazio aereo comune con l’Iraq dopo il ritiro delle truppe statunitensi». Trattative avanzate Iran-Iraq ci sarebbero anche nel campo ferroviario dove, «entro il 2012 saranno completate le costruzioni di alcune tratte». Nel documento si parla esplicitamente anche della realizzazione di «un passaggio sicuro per il trasferimento dei beni dall’Iran alla Siria attraverso l’Iraq e viceversa».

Il presidente siriano Assad e quello iraniano Ahmadinejad

E ancora. A dimostrazione di quanto gl’iraniani siano determinati ad andare in guerra con Israele e gli Usa, nell’accordo c’è anche la richiesta alla Siria di 40mila tonnellate di filo di cotone per – com’è scritto esplicitamente – «la realizzazione dell’abbigliamento per le forze armate iraniane».

Rientra, in tutto questo, anche una specifica richiesta di Teheran al regime di Damasco: «La parte iraniana chiede alla Siria ulteriori impianti per la ricezione delle navi iraniane». La Repubblica islamica vuole una volta per tutte metter piede nel Mediterraneo? Il progetto è ormai pubblico da un anno, ma solo ora diventa una richiesta-obbligo. Certo, a un prezzo: 150mila barili di petrolio siriano che saranno comprati dall’Iran ogni giorno, anche se Teheran non ne ha proprio bisogno.

Quindi gli equilibri mondiali alle Nazioni Unite. Sul perché Cina e Russia abbiano votato contro a una risoluzione Onu anti-Assad lo spiega il documento-accordo: «le transazioni finanziarie di Siria e Iran, dopo l’avvio dell’embargo contro i due paesi, passano attraverso gli istituti bancari della Russia e della Cina». Non è la prima volta che, almeno la Cina, compare in queste triangolazioni finanziarie tra i «paesi canaglia». Un dossier corposo è presente alla sede della Cia e del Mossad con tanto di elenco delle transazioni di denaro effettuate tra Hamas, Hezbollah e le banche cinesi.

E allora ecco che gl’israeliani accelerano. Dando l’ordine di intensificare le operazioni. Decine di agenti, arrivati dalla base presente in Azerbaigian, si troverebbero in Iran operativi da mesi. Sarebbero proprio loro i killer di alcuni membri del progetto nucleare uccisi per le vie di Teheran e non solo. Una base di partenza, quella di Baku, la capitale azera, che da qualche giorno è in stato di massima allerta dopo aver sventato una serie di attentati alla sede dell’ambasciata israeliana. «L’Iran è un paese decisamente poroso», ha detto un agente israeliano al giornale britannico “The Times”. «Il 16% della popolazione azera ha origini iraniane e gode della facilità nei trasporti, alla dogana non ha bisogno di un visto d’ingresso». Un trattamento di favore che, proprio da qualche giorno, non sarebbe più tale, se è vero che sempre più spesso la cancelleria di Baku a Teheran si è lamentata dei maltrattamenti nei confronti dei propri cittadini. Per questo, lo Stato ebraico ha deciso di rafforzare i legami con un gruppo paramilitare iraniano attivo nel Paese.

© Leonard Berberi

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