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Bibi e Obama, così i due alleati si spiavano a vicenda

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Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (a sinistra) con il presidente americano Barack Obama nell’ncontro alla Casa Bianca, a Washington, il 9 novembre 2015 (foto di Haim Zach / Gpo)

In pubblico le strette di mano, qualche sorriso e più di uno screzio. In privato si spiavano a vicenda con un’intensità inaudita. Il primo registrando le conversazioni tra il premier con i suoi alti ufficiali, con i deputati del Congresso Usa e i leader dei più influenti gruppi ebraici americani nel tentativo di bloccare qualsiasi piano di sabotaggio. Il secondo facendo inseguire dai suoi 007 membri della Casa Bianca spediti in giro per il mondo a riannodare i fili della diplomazia con l’Iran e quindi spifferando tutto alla stampa internazionale.

C’è un nuovo imbarazzo diplomatico sull’asse Washington-Gerusalemme: il Wall Street Journal, citando attuali ed ex funzionari statunitensi, scrive che la National Security Agency ha intercettato per molto tempo Benjamin Netanyahu [link a pagamento], primo ministro d’Israele, nel tentativo di contrastare la campagna del leader mediorientale contro eventuali strette di mano con Teheran. Un timore, quello di Obama, fondato. Perché – come le intercettazioni dell’Nsa hanno poi confermato – diverse spie israeliane hanno in effetti registrato materiale importante, l’hanno consegnato a Gerusalemme che a sua volta l’ha fatto filtrare attraverso i giornali locali.

È a questo punto che la Nsa è entrata in gioco permettendo all’amministrazione Usa di infiltrarsi nei tentativi israeliani di spingere la maggioranza del Congresso americano a votare contro l’accordo sul nucleare della Repubblica islamica. Tra gli esponenti più attivi, in chiave anti-Obama e anti-Iran, il Wsj riporta il nome di Ron Dremer, ambasciatore d’Israele negli Stati Uniti. Il tutto dopo gennaio 2014, quando dopo lo scandalo Datagate – seguito alle rivelazioni di Edward Snowden – Obama promise che avrebbe interrotto qualsiasi atto di spionaggio nei confronti dei leader stranieri.

Cosa che effettivamente sarebbe successa – secondo il quotidiano americano – tranne che nei confronti di Netanyahu sul quale il capo della Casa Bianca avrebbe chiesto di «pedinarlo» nel timore che potesse nuocere alle trattative con Teheran.

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“Eretz Nehederet”, torna in tv lo show che non risparmia nessun politico israeliano

Il cast, al completo, di "Eretz Nehederet", lo show satirico israeliano di Canale 2 (foto via Facebook)

Il cast, al completo, di “Eretz Nehederet”, lo show satirico israeliano di Canale 2 (foto via Facebook)

Nel 2013, di fronte a una platea di giovani israeliani, il presidente americano Barack Obama all’improvviso smise di parlare. Dopo un attimo di silenzio disse: «Non c’è nulla di vero. Tra me e il premier Netanyahu in realtà va tutto bene. Volevamo soltanto offrire nuovo materiale agli autori di “Eretz Nehederet”».

Risate in sala. La consacrazione – definitiva – di uno show tv satirico in onda su Canale 2 che pochi giorni fa ha riaperto i battenti per la dodicesima edizione. E che nella sua prima puntata ha tenuto incollato 1,1 milioni di telespettatori e circa il 30% di share complessivo. In grado, senza tanti giri di parole, di spostare decine di migliaia di voti. Pure senza volerlo. Perché l’obiettivo è di prendere in giro tutti, non risparmiare nessuno, nemmeno la religione.

Il finto Benjamin Netanyahu mentre "marcia" con i volti dei leader europei, ricordando quella di Parigi dopo gli attacchi terroristici (fermo immagine da Canale 2 / Keshet)

Il finto Benjamin Netanyahu mentre “marcia” con i volti dei leader europei, ricordando quella di Parigi dopo gli attacchi terroristici (fermo immagine da Canale 2 / Keshet)

Una partenza col «botto» quella di «Eretz Nehederet», che in ebraico vuol dire «Un Paese meraviglioso». Protagonista, in passato, di leggendarie prese per i fondelli pure di certi nostri politici, a partire dall’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Una tappa, l’ultima, che ufficializza anche la campagna elettorale verso il voto del 17 marzo. Perché, sostengono molti israeliani, non c’è corsa politica senza la «benedizione», a modo suo, degli attori di «Eretz Nehederet».

Nel primo lunedì – giorno in cui va in onda – tutti i candidati leader sono stati inseriti nella saga di «Guerre Stellari». Allora ecco il finto Benjamin Netanyahu recitare la parte dell’imperatore del Male. Ecco Avigdor Lieberman, ministro degli Esteri, nei panni di Darth Vader. E più in là l’accoppiata Isaac Herzog – Tzipi Livni (insieme nel blocco di centro-sinistra) impersonare, rispettivamente, Luke Skywalker e la principessa Leila. Con Herzog-Skywalker, preso in giro per la sua voce nasale, dipinto come una sorta di sfigato. Nulla a che fare con Netanyahu che, nella trasmissione, ricorda più in un ganassa.

Yair Lapid, Isaac Herzog e Tzipi Livni presi in giro durante la prima puntata di quest'anno della nuova stagione di "Eretz Nehederet" (fermo immagine da Canale 2 / Keshet)

Yair Lapid, Isaac Herzog e Tzipi Livni presi in giro durante la prima puntata di quest’anno della nuova stagione di “Eretz Nehederet” (fermo immagine da Canale 2 / Keshet)

C’è pure spazio per Yoda, che è rappresentato dal finto Shimon Peres, l’ex presidente d’Israele, 91 anni compiuti e uno dei volti del Paese. Ma quando gli altri protagonisti chiedono a Peres come vincere un’elezione lui sparisce: pur avendo fatto diverse volte il primo ministro, l’ex capo dello Stato non ha mai vinto un’elezione.

«Le guerre e le elezioni sono il carburante di uno spettacolo come questo: quello che non è un bene per il Paese lo è per “Eretz Nehederet”», dice all’Associated Press Roy Bar-Natan, attore comico che recita la parte di Isaac Herzog. «Lo show mette in evidenza due tipi di sentimenti: l’alienazione e il cinismo nei confronti della classe politica israeliana», aggiunge Meital Balmas-Cohen, docente alla Hebrew University che sulla trasmissione nel 2012 ha scritto uno studio.

«Noi cerchiamo di fare il nostro lavoro, in realtà: quello che poi la gente pensa quando ci vede è affare loro», spiega all’agenzia Reuters Muli Segev, produttore dello spettacolo. «Non lasciamo nessuno fuori dalle nostre prese in giro», precisa in seguito all’Ap. «Ma è ovvio che ci concentriamo soprattutto sui più potenti».

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (a destra) con il suo clone Mariano Idelman durante la trasmissione (foto da Facebook)

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (a destra) con il suo clone Mariano Idelman durante la trasmissione (foto da Facebook)

Per questo il primo ministro uscente, Benjamin Netanyahu, è l’obiettivo numero uno. Anche dopo il 16 aprile 2013, quando negli studi si presentò lui stesso, in persona, a prendersi in giro di fronte alle telecamere e a fare da spalla a Mariano Idelman, il comico che veste proprio i panni del premier. Altro «protagonista» delle battute è Avigdor Lieberman. Non solo per le sue origini russe, ma anche il suo atteggiamento da buttafuori delle discoteche (quale è stato, davvero, anni fa).

Ebrei ultaortodossi con le divise militari. Arabi oggetto di razzismo. Olocausto. Aggressioni sessuali. Attacchi terroristici. «Eretz Nehederet» non ha pudore. Non ha tabù. E poco si spaventa di chi guida il Paese. Tanto che, mentre Moshe Katsav – ex capo dello Stato – era sotto processo per violenza sessuale in trasmissione non si sono fatti scrupoli e l’hanno raffigurato mentre palpeggia le signorine. Stesso «trattamento» per Ehud Olmert, l’ex primo ministro, condannato per corruzione. Nella nuova stagione compare – quello vero – nella «wall of fame» di una fantomatica Scuola di governo e corruzione.

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“Netanyahu è un cagasotto” Scoppia la crisi Usa-Israele

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente americano Barack Obama alla Casa Bianca, durante l'ultima visita ufficiale di Netanyahu a Washington, lo scorso 1° ottobre (foto di Pablo Martinez Monsivais/Ap)

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente americano Barack Obama alla Casa Bianca, durante l’ultima visita ufficiale di Netanyahu a Washington, lo scorso 1° ottobre (foto di Pablo Martinez Monsivais/Ap)

L’irritazione non l’hanno mai nascosta. Così come la diffidenza. E quel giudizio – nemmeno tanto lusinghiero – sulla sua effettiva capacità di guidare il Paese verso scelte difficili, ma radicali e importanti per il futuro dell’area. Però mai si erano spinti – almeno nei colloqui con i cronisti – a tanto. A dargli del «chickenshit», del cagasotto. A lui, un premier d’Israele. E invece è successo. Almeno a dare credito a un esplosivo pezzo di Jeffrey Goldberg pubblicato sul sito The Atlantic. E questo avvia ufficialmente le pratiche di divorzio tra Benjamin Netanyahu e Barack Obama.

«Netanyahu è un cagasotto», dice a Goldberg un alto funzionario della Casa Bianca. E sottolinea come ormai il leader israeliano sia arrivato a un «desiderio, al limite del patologico, di preservare la carriera». «La notizia buona è che Netanyahu ha paura delle guerre» e per questo – nonostante le tante minacce – non ha mai lanciato un missile contro l’Iran per fermare il programma nucleare.

E però, le cose positive – secondo il funzionario americano – finiscono qui. Prendiamo, per esempio, la questione israelo-palestinese. «Netanyahu non vuole fare nulla per arrivare a un accordo con i palestinesi o con gli Stati arabi sunniti. L’unica cosa che gli interessa è non essere sconfitto alle elezioni politiche». «Lui non è Yitzhak Rabin – continua l’esponente della Casa Bianca – non è Ariel Sharon e di certo non è Menachem Begin. Lui, Netanyahu, non ha le palle».

Il filmato dell’ultimo incontro pubblico, il 1° ottobre scorso

Se c’era bisogno di qualcosa per sancire l’inizio delle ostilità tra Netanyahu e Obama questa cosa è arrivata. E proprio poche ore dopo l’annuncio del premier israeliano della costruzione di mille nuovi alloggi nei quartieri ebraici di Gerusalemme Est, zona a maggioranza araba.

«Ma quella nell’articolo dell’Atlantic non è la visione dell’amministrazione Usa», spiega a The Hill Alistair Baskey, portavoce del Consiglio nazionale per la sicurezza americana. «Il primo ministro Netanyahu e il presidente hanno costruito una collaborazione effettiva, si sentono spesso e si consultano continuamente», getta acqua sul fuoco Baskey. «Il segretario di Stato John Kerry dirà personalmente a Netanyahu che quei commenti non riflettono la linea della Casa Bianca», aggiunge Jen Psaki, portavoce del Dipartimento di Stato. «M’insultino pure – ha replicato Netanyahu – a me interessa soltanto salvaguardare questo Paese».

Il dispiegamento statunitense invece di calmare la situazione l’ha ingarbugliata ancora di più. Soprattutto perché – come fanno notare molti giornalisti israeliani – tra amministrazione americana e governo israeliano sono anni che scorre solo veleno, che si registrano sgambetti e scortesie. Per non dire di peggio. E gli episodi non mancano.

Il presidente Usa Barack Obama e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu dentro l'Ufficio ovale della Casa Bianca (foto di Pete Souza/White House)

Il presidente Usa Barack Obama e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu dentro l’Ufficio ovale della Casa Bianca (foto di Pete Souza/White House)

È il marzo 2010. Netanyahu è alla Casa Bianca con i suoi consiglieri più stretti. Da tempo stanno cercando di mettersi d’accordo con Obama sugli insediamenti. Il presidente americano cerca di strappare un congelamento alle nuove costruzioni. Netanyahu prende tempo. «Beh, sentite, vado nell’ala residenziale a cenare con Michelle e le figlie», dice a un certo punto – stizzito – Obama. «Sono ancora in giro, fammi sapere se ci sono novità». Obama se ne va. Pochi secondi dopo pure gli ospiti.

A maggio dello stesso anno, dopo aver scattato insieme le foto da mandare alla stampa dei due capi dentro la Casa Bianca, Netanyahu prima saluta, poi torna energico da Obama e lo rimprovera in malo modo per aver insistito a far accettare al governo israeliano non solo i confini del 1967 tra Stato ebraico e Cisgiordania, ma anche lo scambio di territori.

Pochi mesi dopo, nel novembre 2011, arriva il fuori onda al G20 di Cannes, in Francia, tra l’allora presidente Sarkozy e Obama. «Netanyahu è un bugiardo», dice Sarkozy pensando il microfono sia spento. «Ti sei stufato di lui? Pensa io che ho a che farci ogni giorno», replica Obama.

«Sai che c’è? Spero che John Kerry riesca a vincere ‘sto cavolo di Premio Nobel e ci lasci un po’ in pace», confessa il ministro israeliano della Difesa, Moshe Ya’alon, a un giornalista del quotidiano più venduto dello Stato ebraico, Yedioth Ahronoth, chiedendo di non trascrivere questa frase nell’intervista. Cosa che puntualmente è comparsa sul giornale. Era il gennaio 2014. Da lì il vuoto tra Usa e Israele – almeno a livello politico – s’è allargato ogni giorno di più.

© Leonard Berberi

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