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Una notte a Nabi Saleh

Dicono i palestinesi di Nabi Saleh che ormai non ci fanno più caso. Dicono anche che, pur nella follia del gesto, «i soldati israeliani di solito si comportano molto bene». E però certe immagini, qui, a migliaia di chilometri di distanza un po’ colpiscono. Un po’ fanno riflettere. E ci spingono a chiederci se certa Palestina e certa parte d’Israele non si sia assuefatta al controllo militarizzato della propria esistenza.

Qualche giorno fa Joseph Dana, giornalista israeliano filo palestinese, ha pubblicato una foto. È quella che apre questo post. È stata scattata il 24 novembre 2011 in una casa di Nabi Saleh, villaggio palestinese di qualche centinaio di abitanti e a 20 chilometri da Ramallah. Nabi Saleh è famosa – nell’area e nel mondo – per essere il paesino da dove quasi ogni giorno si registrano sassaiole contro i soldati dell’esercito israeliano. La foto, dicevamo. Ecco, nella foto s’intuisce che è notte fonda. Dentro una casa si vedono due militari di Gerusalemme con il volto coperto, le armi pronte e sparare e l’aria di chi sa benissimo della follia della situazione. Ma gli ordini sono ordini. A due metri c’è un ragazzino palestinese. S’è appena svegliato. Guarda fisso verso la macchina fotografica e con le due dita fa il segno della libertà.

Gli abitanti di Nabi Saleh fanno sapere che è così quasi ogni sera. O meglio: ogni notte. I soldati israeliani bussano alla porta, chiedono di entrare, controllano chi vive in quella casa e registrano – facendo foto – tutti i componenti di sesso maschile. Servirà per identificare, uno a uno, quelli che lanciano pietre di giorno contro i blindati dell’esercito.

Giusto? Sbagliato? La risposta non è poi così scontata. Le variabili da considerare sono tante. A partire dal contesto in cui uno vive. Ma al di là di queste valutazioni, restano le immagini. E un video – che trovate sotto – dove un padre di famiglia di Nabi Saleh accoglie i militari israeliani con la telecamera. Filma tutto. Anche la naturalezza di quella scena.

© Leonard Berberi

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