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Svizzera, la catena “Migros”: ora etichette per i prodotti delle colonie

Gli attivisti filopalestinesi esultano. Gli israeliani s’arrabbiano. E loro, i protagonisti, precisano. Sottolineano. Prendono le distanze. Smentiscono. 

Migros, una delle più importanti catene di supermercati della Svizzera, ha annunciato che farà sapere ai propri clienti se i prodotti presenti negli scaffali dei negozi arrivano da insediamenti ebraici in Cisgiordania e Gerusalemme est. In questo modo – ha spiegato la compagnia – «si vuole offrire maggiore trasparenza ai consumatori, visto che governo elvetico e Nazioni unite considerano illegali le colonie di Israele, basandosi sul diritto internazionale».

Ma quando poco dopo sono piovute critiche la portavoce di Migros, Monika Weibel, ha sottolineato che la catena «non appoggia gli appelli di gruppi filopalestinesi per il boicottaggio dei prodotti provenienti dagli insediamenti, ma vuole che siano i clienti a scegliere quale merce acquistare». Fino a ora le etichette di Migros riportavano solo l’origine israeliana nel caso il prodotto provenisse dallo Stato ebraico, ma non specificavano l’eventuale produzione nelle colonie.

A decidere per primo il cambio di passo istituzionale sulla trasparenza delle etichette è stato il governo sudafricano. L’esecutivo ha chiesto ai commercianti «di non indicare in modo scorretto la provenienza da Israele sulle etichette dei prodotti importati dal territorio occupato della Palestina». Ma ora che quella politica è stata adottata anche nel cuore dell’Europa, gli israeliani temono a un’ondata di nuove etichette. Tutte rigorosamente «made in West Bank’s settlement» e «made inEast Jerusalem».

© Leonard Berberi

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