La “rivoluzione silenziosa” palestinese sembra essere iniziata. Senza armi. Senza colpi di Stato. Soltanto con l’applicazione della legge.
Anche se la strada è ancora lunga, da qualche settimana in Cisgiordania la mentalità nei confronti della giustizia sembra essere cambiata. Da quando – nota Ali Waked sul quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth – tutti hanno iniziato a interessarsi all’omicidio di un residente del campo profughi di Jalzon, vicino Ramallah. Tra i tre sospettati c’era anche un ragazzino di quindici anni.
Per la prima volta, l’“occupazione” israeliana non era in cima ai loro pensieri. E, sempre per la prima volta, nell’aula di un tribunale palestinese sono state ammesse le telecamere. Con la diffusione delle immagini, secondo i giudici, la televisione poteva essere un deterrente importante.
Le difficoltà nell’applicare la legge, però, non mancano. Perché il libro del Codice penale è stato ultimato nel 2002, perché non tutto lo conoscono bene e continuano ad applicare il vecchio sistema: giurisprudenza giordana (in Cisgiordania), egiziana (nella Striscia di Gaza) e israeliana.
Intanto, qualche passo in avanti è stato fatto. A partire dal fatto che si sta cercando di eliminare sempre più le influenze esterne di potenti politici o agenti di polizia. Interventi che hanno finito, negli scorsi anni, con il condannare all’ergastolo un innocente e a rilasciare un colpevole di omicidio plurimo.